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vicendeitaliane

Gianni Flamini è certamente uno degli scrittori più noti e attivi nella ricerca di verità scomode e nascoste dell’Italia del dopo guerra. In questo libro ripercorre la storia della banda della Magliana dalle sue origine fino ai giorni attuali cercando di evidenziare passaggi oscuri che lasciano inquietanti dubbi sulla correttezza delle nostre istituzioni e sulla gestione dello Stato negli anni ‘70 e ‘80.


Il racconto parte con “la scelta di vivere pericolosamente” di Albert Bergamelli detto “il Marsigliese”, criminale con simpatie politiche per l’estrema destra. Insieme ad altri banditi francesi ed italiani, trasferitosi a Roma a partire dal 1973, fonda la banda detta dei Marsigliesi. Infatti poco prima Marsiglia viene ripulita dalla polizia facendo spostare l'epicentro del traffico di stupefacenti a Roma. Il contatto con la criminalità organizzata italiana è con “l’intoccabile” Pippo Calò, boss mafioso palermitano, che opera e gira, se pur latitante, liberamente per Roma. Calò nella Capitale è in contatto con spregiudicati imprenditori edili e affaristi come Sbarra e Carbone, nonché con usurai e malavitosi come Balducci e Abbrucciati. I Marsigliesi quindi operano in collaborazione a Roma con Calò tramite Abbrucciati e Turatello (milanese con importanti conoscenze come l’esponente del MSI Edoardo Formisano). Tra le attività più redditizie dei Marsigliesi ci sono i sequestri di persona, alcuni organizzati solo per giri di denaro come quello del piduista Ortolani, ma sono proprio i redditizi sequestri a farli finire in carcere e alla fine del 1976 l’epopea dei Marsigliesi volge al tramonto.


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A Roma quindi verso la fine del ‘76 operano tre principali “batterie” (organizzazioni di sodalizio criminale ed omertose) le quali si riuniranno nel 1978 per formare una holding criminale che prenderà il nome di banda della Magliana. Il leader del gruppo, l’uomo che riuscirà a riunire le batterie è il simpatizzante fascista Franco Giuseppucci (detto “er Negro”). Le tre batterie sono: una quella capeggiata da Selis della zona di Ostia che è in affari con la Nuova camorra, poi c’è quella dei Testaccini, della zona del Testaccio, con referenti principali Abbrucciati e De Pedis, i quali sono in rapporti con la mafia siciliana di Pipo Calò e Bontade, in fine la batteria della Magliana con membri come Abbatino e Colafigli, quest’ultima si distingue per contatti con i servizi segreti i quali gli affidano “operazioni inconfessabili” come attentati dinamitardi. Giuseppucci è anche in contatto con i neo fascisti romani quelli che presto saranno l’ossatura dell’eversione nera, ovvero i Nar, Terza posizione e Costruiamo l’azione. Attraverso questi contatti, che tramite Semerari, De Felice e Aleandri sono vicini ai fascisti di Ordine nuovo e alla loggia massonica P2 di Licio Gelli, la banda della Magliana acquisisce importanti coperture politiche. Giuseppucci e suoi, attraverso il criminale neonazista D’Ortenzi, detto “Zanzarone”, partecipano ad incontri con i leader neofascisti dove si programma di destabilizzare il paese con attentati e creare un caos tale da riuscire a prendere il controllo dell'Italia. Nella villa di Semerari, Abbatino avrò modo di osservare svastiche e dobermann addestrati dal professore in tedesco.

Nel ‘78 la banda della Magliana viene coinvolta nel sequestro Moro. Cutolo chiese a Selis di aiutarlo nella ricerca ed il falsario romano Chicchiarelli, criminale vicino alla banda ed ai servizi segreti, fece ritrovare il falso comunicato brigatista numero 7 dove si comunicava la morte di Moro specificando che il suo corpo era in fondo al lago della Duchessa. Tuttavia Cutolo ed altri mafiosi come Bontade che si erano attivati per la liberazione di Moro vengono fermati dall’alto per ragioni politiche, probabilmente il compromesso storico non piaceva né alle brigate rosse che temevano la fine della lotta comunista né ai mafiosi che erano anticomunisti viscerali. Preoccupato della sopravvivenza di Moro era certamente anche Giulio Andreotti che intratteneva affari loschi con molti imprenditori romani legati alla malavita ed alla mafia.

A conoscenza dei loschi affari di Andreotti era Pecorelli, giornalista e piduista. Pronto a pubblicare rivelazioni scottanti sull’importante politico democristiano il giornalista viene prima fermato con il pagamento di una somma di denaro e poi fatto tacere per sempre con il suo omicidio. Ad ucciderlo sarebbe stata la mafia su ordine di Andreotti secondo alcuni pentiti, secondo altri sarebbe stata la banda della Magliana per un favore chiesto da Licio Gelli che avrebbe utilizzato i neo fascisti Valerio Fioravanti e Carminati. Fatto curioso è che i Nar, sembrerebbe sempre per conto della banda della Magliana, uccidono pochi anni dopo il capitano di Polizia Strallu che stava indagando sull’omicidio Pecorelli. Ma per la magistratura non ci sono prove sufficienti per accusare in maniera certa qualcuno. Di certo c’è che tra i neofascisti, capeggiati da Semerari e Fioravanti, e la banda della Magliana ci sono stretti rapporti. Le armi per esempio erano state date in custodia al neofascista Aleandri, tuttavia parte di queste era stata utilizzata e smarrita dai suoi camerati; per ottenerne la restituzione Aleandri viene preso in ostaggio e grazie all’intervento di alcuni suoi camerati come Carminati e al pagamento di un riscatto in armi viene liberato. Nonostante inoltre che Semerari faccia affari con il rivale di Cutolo i rapporti tra le diverse organizzazioni resteranno sempre attivi e promiscui. Carminati avrà accesso al nuovo deposito di armi della Banda presso gli archivi del ministero della Sanità. La banda si occupa anche di riciclare la refurtiva dei Nar

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Nel 1980 la mafia uccide Piersanti Mattarella, la procura di Palermo è convinta che gli esecutori materiali siano due giovani Nar, Valerio Fioravanti e Cavallini, sia per le modalità inusuali utilizzate dai killer, sia perché Fioravanti sarebbe stato riconosciuto dalla moglie di Mattarella presente durante l’agguato, sia perché pentiti di destra come Cristiano Fioravanti ed Izzo avrebbero indicato Valerio come esecutore su mandato di Salvo Lima. A scagionare i due è il mafioso pentito Tommaso Buscetta, per le sue accuse alla mafia però sono stati condannati i vertici di Cosa Nostra compreso Pippò Calò uomo vicino alla banda della Magliana e sempre per aver creduto a Buscetta per calunnia Izzo ritenuto inattendibile dalla magistratura.

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La banda della Magliana ha solide coperture istituzionali garantite dalla collaborazione con i servizi segreti guidati all’epoca da due piduisti. Abbrucciati ritiene di essere stato scarcerato presto proprio grazie a questi contatti e la banda è in stretto rapporto con due uomini legati direttamente ai servizi, uno è Faranda, ex sottufficiale della Digos, l’altro è Pazienza faccendiere e avventuriero, “braccio destro” del generale Santovivo. Pazienza che si vanta di essere la Cia in Italia nel 1980 si iscrive alla massoneria e nel giro di pochi mesi da apprendista diventa maestro di loggia. Pazienza è in affari con Carboni presentatogli dal vice questore Pompò. Pazienza e Carboni tessono accordi e giri di soldi con membri della P2 come Calvi e Berlusconi.

La banda della Magliana, grazie alle coperture politiche e istituzionali, è incontrastata nel crimine in particolare nel traffico e spaccio di droga, usura, rapine, sequestri di persona. Ovviamente non mancano gli omicidi che servono per lo più a definire le mappe del potere all’interno dell’organizzazione e sul territorio. Secondo alcuni pentiti i neo fascisti dei Nar come Carminati e Alibrandi vengono utilizzati per omicidi; il terrorista Sordi sostiene che i Nar abbiano assassinato un informatore della polizia, Teodoro Pugliese, per conto della Banda ma la magistratura non trova prove per condannare qualcuno. La polizia però è testimone della collaborazione fermando durante un controllo in uno stesso bar i Nar Alibrandi e Tiraboschi con i testaccini Giuseppucci, De Pedis e Abbrucciati.

Il 2 agosto del 1980 però segna una svolta: la bomba alla stazione di Bologna con 85 morti e 200 feriti mette la magistratura e le forze dell’ordine alla caccia dei terroristi neri, dei servizi segreti e della P2. 

A settembre rivali del territorio della banda, i Petrucci, fanno assassinare il boss Franco Giuseppucci, omicidio che scatena una guerra tra bande.

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Semerari in carcere per la strage di Bologna è in procinto di parlare, per scongiurare la cosa i servizi segreti aiutati dai Nar e dalla Banda della Magliana, inscenano un falso depistaggio sulla strage che fa deviare l’attenzione dell’opinione pubblica lontana dagli inquisiti e manda un chiaro messaggio a Semerari sulle capacità operative dei suoi camerati; il risultato è che Semerari desiste dallo scrivere il memoriale e pochi mesi dopo viene liberato.

La banda della Magliana dopo vari tentativi riesce ad assassinare i fratelli Petrucci e alcuni dei loro solidali, quindi, senza più Giuseppucci, per riequilibrare il potere all’interno dei gruppi si decide di assassinare il boss di Ostia Selis.

Molti membri della banda, arrestati a volte anche in fragrante, riusciranno a farla franca grazie a perizie psichiatriche fatte da Semerari ed altri professori compiacenti, perizie dove risulteranno non in grado di intendere e di volere o gravemente malati, tra i malviventi dell'organizzazione che usufriranno di tale servizio ricordiamo lo stesso Selis, Colafigli, Abbatino. Nel 1981 oltre ai clamorosi omicidi citati ci sono anche continui intrecci con i servizi segreti. Tuttavia il cerchio delle forze dell'ordine intorno ai Nar porta in carcere, dopo Valerio e Cristiano Fioravanti, anche Carminati alla frontiera con la Svizzera mentre come solito porta soldi e valori nello stato elvetico anche per conto della banda della Magliana. Carminati ed i suoi accompagnatori ingaggiano uno scontro a fuoco con la polizia, il bandito ferito perderà l’occhio, il suo arresto è merito del pentimento di Cristiano Fioravanti.

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Sempre nel 1981 c’è il sequestro da parte delle Brigate Rosse del democristiano Cirillo che finirà con il pagamento di un riscatto che verrà spartito tre i sequestratori delle Br e i mediatori, i camorristi di Cutolo, fatti intervenire dai servizi segreti grazie anche ai contatti con la banda romana. La banda però resta coinvolta anche in fatti che non le competono e per fare “favori” ad esterni, come omicidi su commissione, si ritrova spesso in discussioni che portano anche a scontri interni. Alla fine del 1981 viene trovato dalla polizia il nascondiglio delle armi della banda, condiviso con i Nar, nei sotterranei del Ministero della Sanità.

La faida con la banda dei Proietti porta all'omicidio di altri membri del clan rivale, ma anche all’interno della banda continuano omicidi a danno di amici di Selis o personaggi troppo vicini a Cutolo. Intanto la P2 che con Pazienza, Calvi, Carboni, Santovivo ha intrapreso legami di affari con servizi segreti, Camorra, Mafia, Cia e banche si ritrova sotto inchiesta parlamentare e uomini scomodi legati alle stragi o ai soldi iniziano a sparire dalla scena come il professor Semerari, che viene trovato decapitato nella sua auto il 1 aprile 1982, o Calvi, che viene trovato impiccato il 18 giugno 1982 sotto un ponte di Londra. Anche Abbrucciati viene coinvolto: scarcerato da pochi giorni dopo un colloquio con membri dei servizi segreti il 24 aprile 1982 gambizza Rosone, il vice di Calvi, durante la fuga però viene colpito alla schiena e ucciso da una guardia giurata presente per caso all’agguato. Anche Casillo, camorrista coinvolto dai servizi segreti nella liberazione di Cirillo viene assassinato dal clan rivale di Cutolo, quelli di Alfieri, un chiaro segnale di cambio di potere.

Alla fine del 1983 le confessioni del pentito Lucioli fanno arrestare quasi tutti i capi della banda. Così i criminali romani tentano l’arma del ricatto e lasciano sul luogo di una rapina miliardaria una rivendicazione utilizzando la stessa matrice di stampa utilizzata per il falso documento numero 7 delle Br fatto trovare durante il sequestro Moro. Il falsario è lo stesso, Chichiarelli, ma i ricattati non cedono e fallita la sortita la banda decide di eliminare lo stesso Chichiarelli. A complicare le cose c’è la faida interna alla Camorra napoletana e alle dichiarazioni del boss siciliano pentito Buscetta.

“Per la banda della Magliana il 1985 è un anno infausto”. Pippò Calò mafioso palermitano di stanza a Roma e in affari con la banda viene arrestato e presto incriminato con pesanti accuse, persino quella di strage. Con lui in carcere e sotto inchiesta finisce tutto il vertice della banda. Tuttavia nel 1986 la magistratura assolve quasi tutti gli inquisiti coinvolti in questa inchiesta e non riconoscerà la banda come organizzazione criminale. Non va alla stessa maniera per quelli inquisiti a seguito delle dichiarazioni del pentito Lucioli che porta molti membri della banda in carcere e nel 1987 riceveranno dure condanne. De Pedis intanto, vista la mala parata, è fuggito dal carcere insieme a Carnovale. Comunque i colpi di scena non sono finiti e nel 1988 la Cassazione presieduta dal giudice Carnevale assolverà tutti ritenendo il pentito Lucioli inattendibile. Sette anni dopo nel 1996 il risultato verrà di nuovo ribaltato dalla Corte di assise. Se Lucioli ha costretto De Pedis ad evadere sarà il pentito Siciliano a costringere Abbatino ad evadere e fuggire in Venezuela, infatti le sue finte malattie che lo tenevano in una clinica stavano per essere smascherate. Tuttavia la banda che sembra moribonda agli occhi delle istituzioni è viva e vegeta, a scoprirlo sono i pedinamenti a Carminati, visto per sbaglio da un magistrato entrare in un palazzo e messo sotto controllo per motivi di sicurezza dalla polizia. Dai sui pedinamenti la magistratura capisce che la banda è ancora attiva.

Le faide interne per il potere portano all’omicidio dei due boss delle bande del Testaccio e quella di Ostia: Toscano, boss di Ostia, nel marzo del 1989 uscito dal carcere decide di uccidere De Pedis che però gioca di anticipo e gli fa sparare da due suoi sicari; poco dopo, nel gennaio 1990, sarà lo stesso De Pedis a morire ucciso da Colafigli che ha avuto il via libera da Palermo da Totò Riina in persona in cambio della richiesta di uccidere il poliziotto De Gennaro, favore che non potrà fare perché Colafigli verrà arrestato poco dopo. I Testaccini vogliono vendicare il boss De Pedis e cercano di uccidere Abbatino che però è in Venezuela e quindi se la prendono con il fratello che viene torturato e ucciso.

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La banda oramai a pezzi finisce di essere strumentalizzata dai servizi segreti che utilizzando falsi pentiti riesce ad inquinare indagini e processi sulle stragi e la P2, tra questi ricordiamo le dichiarazioni “folli” fatte da Sinibaldi e quelle “fantasiose” di Bongiovanni. La fine della banda verrà sancita da Abbatino che espulso dal Venezuela nell’ottobre del 1992 racconterà alla magistratura fatti che faranno indagare 70 persone e daranno vita all’operazione Colosseo. Anche Mancini si pentirà e darà un contributo notevole alla ricostruzione dei crimini della Banda. Molti verranno condannati ad eccezione degli imputati dell’omicidio Pecorelli tra cui Andreotti e Vitalone.

Per concludere resta l’interrogativo: la banda della Magliana è complice o vittima dei servizi segreti e organismi eversivi come la P2?

di Francesco Filippi

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